Descrizione
Il Capitano Santacroce è alle prese con un caso intricato, dopo ogni delitto l’assassino lascia sulla scena del crimine un burattino di carta. Le indagini lo portano a viaggiare da Napoli fino al manicomio criminale sulle pendici del freddo Appennino. Sullo sfondo di un caso di per se complicato, si intrecciano tra le luci della città, crimini efferati e due donne che lo contendono come se fosse un premio.
“Il Burattinaio sgranò gli occhi, era dritto, le mani lungo i fianchi. Il suo teatro era vuoto, illuminato dalle luci del proscenio. Osservò le proprie mani, le sollevò e le tenne davanti agli occhi ancora sgranati. Fu allora che uno dei due burattini di carta gli parlò a un orecchio e l’altro fece lo stesso.”
Estratto
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La luce del crepuscolo, silenziosa e incandescente, si abbassava vicinissima sul mare, come per penetrare la distesa d’acqua. Al tramonto, la baia di Napoli, ad inizio gennaio, era gelata e tranquilla. L’azzurro rubino e nebuloso dell’orizzonte si confondeva con l’abisso teso tra le isole e la striscia di terra. Un filo a tratti sospeso, su cui sembrava che potessero camminare solo creature mitiche e uomini, senza lasciare spazio a nient’altro. Eppure, verso le 20:40 tutto cambiò di colpo. Nonostante l’ora tarda, le auto procedevano a rilento nel traffico bloccato del rettilineo di Via Filangeri che portava a Chiaia. Il rombo dei motori si mischiava con quello dei clacson delle altre auto in coda, tutte con i finestrini serrati per via del freddo intenso di quei giorni.
C’erano tre gradi a Via Dei Mille e un’umidità gelida che penetrava nelle ossa. In quello stesso momento, dei gruppetti di persone stavano attraversando le strisce pedonali, erano appena usciti dal palazzo della libreria Mezzocannone di Piazza dei Martiri. Nel grande salone della libreria, era da poco terminato un evento, la presentazione vespertina di un saggio dedicato al poeta Virgilio e alla sua opera “L’Eneide”. All’interno dell’ampio spazio, le sedie erano tutte vuote, le luci principali e quelle della balconata erano ancora accese come le due file di lampade del piano terra. L’aria era impregnata di umidità mista alle essenze di candele profumate lasciate a bruciare.
Il professore di liceo Anastasio Palmanova, docente di greco antico e latino da anni a riposo, autore e organizzatore della presentazione del saggio su Virgilio, si trovava al piano terra. Superò lo spazio dell’ingresso e raggiunse la parete di destra, dove c’era una lunga scaffalatura piena zeppa di libri, quando si fermò di colpo. Rimase in silenzio, cercando di dare un senso a ciò che stava capitando da circa un mese. Aveva tentato di riordinare gli ultimi fatti accaduti senza farne parola con nessuno, mischiando ogni indizio, ma non era riuscito ad arrivare alla soluzione del mistero ai confini fra il bene e il male, sperava che ci fosse più bene che male, ma purtroppo si sbagliava. Alla fine si decise. Si avvicinò ad alcuni ripiani e, come stava capitando da quasi quattro settimane, oltre ai libri e ai gadget sparsi, su una di quelle mensole di metallo, vide qualcosa che non doveva trovarsi lì: un burattino di carta con un sorriso aguzzo come una lama di coltello. Cercò di mantenere la calma, afferrò il burattino e con pochi secchi scatti nervosi delle mani lo appallottolò con rabbia, e lo buttò nella pattumiera. Si avviò verso il salone, superò due grossi pilastri tondi, si mise seduto e accavallò le gambe nervoso. Pochi scaffali più indietro, si trovava il suo vecchio amico Ennio Riccapezza, un medico, da qualche anno a riposo, piccolo e zoppo. Stava sfogliando scontento dei libri di chimica posti dentro dei contenitori a scansie al piano terra. L’uomo si guardò un attimo intorno e salì con fatica lo scalone centrale che portava sulla balconata per iniziare un’altra ricerca di volumi a lui più graditi.
Si trovava ancora sulla balconata. Abbassò lo sguardo su alcuni titoli, ma non sfogliò nulla. Scese con attenzione, gradino dopo gradino, e si portò al lato opposto, dietro alle prime file di sedie vuote, all’inizio della sala, per raggiungere il professor Palmanova. Di colpo si spensero tutte le luci. Pochi attimi dopo, un urlo agghiacciante rimbombò in quell’oscurità al punto da non capirne la provenienza.
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